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L’Art. 49 rubricato “ Limitazioni all’uso del contante e dei titoli al portatore” recita “ 1. E’ vietato il trasferimento di denaro contante e di titoli al portatore in euro o in valuta estera, effettuato a qualsiasi titolo tra soggetti diversi, siano esse persone fisiche o giuridiche, quando il valore oggetto di trasferimento, è complessivamente pari o superiore a 3.000 euro. Il trasferimento superiore al predetto limite, quale che ne sia la causa o il titolo, è vietato anche quando è effettuato con più pagamenti, inferiori alla soglia, che appaiono artificiosamente frazionati e può essere eseguito esclusivamente per il tramite di banche, Poste italiane S.p.a., istituti di moneta elettronica e istituti di pagamento, questi ultimi quando prestano servizi di pagamento diversi da quelli di cui all’articolo 1, comma 1, lettera b), numero 6), del decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 11. Il trasferimento effettuato per il tramite degli intermediari bancari e finanziari avviene mediante disposizione accettata per iscritto dagli stessi, previa consegna ai medesimi intermediari della somma in contanti. A decorrere dal terzo giorno lavorativo successivo a quello dell’accettazione, il beneficiario ha diritto di ottenere il pagamento nella provincia del proprio domicilio. La comunicazione da parte del debitore al creditore della predetta accettazione produce gli effetti di cui all’articolo 1277, primo comma, del codice civile e, nei casi di mora del creditore, gli effetti di cui all’articolo 1210 del medesimo codice.”
La norma, si pone l’evidente obiettivo di dirottare le transazioni di un certo rilievo verso intermediari abilitati perché negli archivi da essi tenuti resti traccia dei soggetti che hanno posto in essere la transazione, situazione che, ovviamente, non si verifica nella circolazione del denaro contante e di titoli al portatore. Limitando in questa prima fase il nostro esame al denaro contante è da evidenziare, in primo luogo, come la soglia di rilevanza sia stata più volte modificata nel corso del 2008. Detta soglia potrà peraltro essere riveduta, mediante decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze, in forza dell’art. 66, comma 7, D.lgs. n. 231/07.
Circa la corretta interpretazione da darsi alla locuzione “operazione anche frazionata”, a seguito di diverse posizioni evidenziatesi in dottrina in relazione alla prima emanazione dell’art. 49 del d.lgs 231, è intervenuto direttamente il Ministero delle Finanze (Dipartimento del Tesoro, Direzione Valutario, Antiriciclaggio ed Antiusura) di concerto con l’UIF, nell’ambito delle risposte ai quesiti posti dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili il 12 giugno 2008. In una risposta all’epoca formulata, il Mef ha avuto modo di evidenziare, anche a seguito delle novità introdotte dal d.lgs. 231/07 la piena validità di quanto ebbe modo di affermare il Consiglio di Stato in merito al frazionamento dei pagamenti in contanti con parere n. 1504 del 12 dicembre 1995.
In tal senso, il valore dell’operazione, di cui all’art. 49, comma 1 del d.lgs 231/07, va inteso come valore complessivamente da trasferire in unica soluzione, anche cumulando diverse tipologie di mezzi di pagamento al portatore (es. contanti, titoli di stato o altri titoli al portatore), mentre nessun cumulo andrebbe a realizzarsi nel momento in cui il frazionamento risulti connaturato all’operazione stessa, oppure sia conseguenza di un preventivo accordo fra le parti. Nella stessa risposta viene peraltro annunciata una riforma della norma nel senso prospettato dal Ministero, attraverso l’emanazione del testo unico antiriciclaggio.
La mancata emanazione del testo unico dianzi segnalato ha indotto il legislatore ad introdurre le modifiche proclamate nella prima disposizione legislativa utile a riguardo. Tale possibilità si è presentata con il d.lgs n. 151/09, a seguito del quale l’art. 49 recepisce in toto il senso della risposta ministeriale.
In altri termini l’avverbio “complessivamente” resta da intendersi in ottica oggettiva riferibile al cumulo dei mezzi di pagamento, configuranti “titoli al portatore” (denaro contante, libretti di deposito bancari al portatore, titoli al portatore) la cui somma non può superare la soglia prescritta, nelle operazioni che si perfezionano in uno stesso momento. Il termine complessivamente non va quindi inteso in termini temporali, restando quindi ammissibile cumulare pagamenti effettuati in tempi diversi, seppur riconducibili ad unica fattispecie.
Nel dettaglio, sulla base della norma novellata, risulta quindi ammissibile (così come in passato), effettuare pagamenti frazionati inferiori ai 3.0000 (a fronte di importi ovviamente complessivamente di importo pari o superiori ai 3.000 euro) a condizione che tali frazionamenti non vengano realizzati per artificiosi frazionamenti, cioè realizzati al fine di introdurre sul mercato proventi di attività illecite. In altri termini, il frazionamento di pagamenti finalizzato a reintrodurre sul mercato proventi di reati presupposto del riciclaggio risulterebbero sempre non ammissibili.
A riguardo (come peraltro si evidenzia nella citata risposta del Mef del 12/6/2008), risulterebbe inalterato (anche in caso di frazionamenti sub soglia) il potere discrezionale dell’amministrazione finanziaria di valutare “Caso per caso, se il frazionamento sia stato realizzato con lo scopo specifico di eludere il divieto imposto dalla disposizione”. In senso analogo il Consiglio di Stato parere n. 1504/95 secondo il quale la regola sopra evidenziata, potrà essere disattesa dagli organi preposti ai controlli e l’operazione essere considerata “frazionata” anche se il trasferimento è avvenuto con modalità formalmente ammesse quando, come si legge nella norma “sussistono gli elementi per ritenerla tale”. In altri termini: <<…si è voluto far permanere impregiudicato il potere dell’autorità amministrativa di verificare nelle singole fattispecie, la sussistenza, in concreto, dei presupposti per l’applicazione della prevista misura sanzionatoria, in presenza di meccanismi eventualmente predisposti in frode al dettato legislativo per eludere i limiti ai trasferimenti di valore di cui si tratta>> (Consiglio di Stato, sez. II, parere n. 1504 del 12 dicembre 1995).
La corretta interpretazione dell’art. 49, comma 1 del d.lgs 231/07
1) Il divieto previsto dall’art. 49, comma 1, del d.lgs. 231/07 riguarda i trasferimenti in unica soluzione di denaro, di libretti di deposito al portatore e di titoli al portatore per importo pari o superiore ad euro 3.000 anche quando tale limite viene superato cumulando le suddette diverse specie di mezzi di pagamento.
2) Non rientrano nel divieto i trasferimenti ultrasoglia rateizzati quando le singole rate risultino di importo inferiore a 3.000 euro e a condizione che la dilazione avvenga in relazione alla natura della operazione stessa (es. contratto di somministrazione) o sulla base di un contratto fra le parti.
3) Rientra comunque, nel potere discrezionale dell’amministrazione valutare, caso per caso, se il frazionamento sia stato invece realizzato con lo specifico scopo di eludere il divieto imposto dalla disposizione.
Punto di vista della Cassazione:
La Cassazione conferma la sanzione per i versamenti spezzettati al fine di aggirare le norme antiriciclaggio
Con la sentenza n. 15103 del 22 giugno 2010, la Corte di cassazione è stata chiamata a pronunciarsi sull’opposizione a una sanzione amministrativa comminata dal ministero dell’Economia a carico degli acquirenti di un immobile per inosservanza dei limiti massimi per il pagamento in assegni bancari e denaro contante e, comunque, effettuato senza l’intervento di intermediari abilitati, in violazione dell’articolo 1, comma 1, della legge 197/1991.
La Cassazione ha confermato l’illiceità dei pagamenti frazionati.
Narrativa
La vicenda concerne la vendita di un bene immobile, i cui acquirenti corrispondevano al venditore il prezzo di acquisto pattuito frazionandolo in assegni bancari e contanti che venivano versati con singoli importi non superiori a 20 milioni di lire ciascuno (oggi 12.500 euro), limite massimo consentito dalla legge 197/1991.
Il tribunale adito accoglieva l’opposizione proposta dagli intimati avverso il decreto con il quale il ministero dell’Economia aveva ingiunto a ciascuno di loro il pagamento della sanzione prevista per violazione dell’articolo 1 della legge 197/1991 (testo vigente ratione temporis), reputando che il presupposto della stessa, concernente il versamento di parte del prezzo in contanti e in unica soluzione senza l’intervento degli intermediari abilitati, non fosse stato adeguatamente provato dall’Amministrazione procedente.
La sentenza viene impugnata per cassazione dal ministero dell’Economia con due motivi, dei quali si privilegia quello di merito: il ricorrente lamenta violazione dell’articolo 1 della legge 197/1991, in quanto il giudice di prime cure ha posto a carico del dicastero dell’Economia l’onere di provare che il pagamento del saldo del prezzo fosse avvenuto in contanti, nonostante la controparte avesse ammesso “una pluralità di dazioni per contanti inferiori ciascuna al limite della franchigia”.
La decisione della Cassazione
La Corte di legittimità accoglie il ricorso su questo aspetto per fondatezza delle doglianze del ricorrente, ravvisando nella specie un pagamento frazionato finalizzato ad aggirare il divieto posto dalla normativa antiriciclaggio e, perciò, esso stesso rappresentativo di una violazione della disciplina.
La Cassazione ribadisce, poi, l’orientamento – già emerso in passato (cfr sentenza 8698/2007) – secondo il quale, in tema di sanzioni amministrative per la violazione della normativa antiriciclaggio, il divieto – posto dall’articolo 1, primo comma, della legge 197/1991 – di trasferire denaro contante e titoli al portatore per importi superiori a lire 20 milioni (oggi 3.000) senza il tramite di intermediari abilitati fa riferimento al valore dell'”intera” operazione economica alla quale il trasferimento è funzionale e si applica anche quando tale trasferimento si sia realizzato mediante il compimento di varie operazioni, ciascuna inferiore o pari al massimo consentito. Per stessa ammissione del resistente (che, evidentemente in buona fede, aveva creduto di poter confidare in un’interpretazione di carattere formalistico), i singoli pagamenti erano stati funzionali al perfezionamento di una singola operazione, frazionando la somma con versamenti ripetuti, comunque inferiori al limite legale massimo. Circostanza, questa, che confermava la sussistenza della violazione contestata.
L’esclusione dell’illecito, per essere state le operazioni di trasferimento di somme da parte degli acquirenti del bene tutte di entità inferiore ai 20 milioni di lire (oggi 3.000), contrasta, quindi, con l’obbligo di una valutazione complessiva del valore da trasferire e la fondatezza che ne deriva della censura del ricorrente comporta la cassazione della sentenza impugnata.
Con l’interpretazione privilegiata dalla Suprema corte si accoglie, invece, un criterio di carattere sostanziale-funzionale, d’altra parte fatto proprio anche dalla successiva legislazione e, di recente, nell’ambito della norma sulla rimodulazione dell’importo ex articolo 20 del Dl 78/2010, in vigore dal 31 maggio 2010, in tema di tracciabilità dei pagamenti, il cui comma 1 dispone che, ai fini dell’adeguamento alle disposizioni adottate in ambito comunitario in tema di prevenzione dell’utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo, le limitazioni all’uso del contante e dei titoli al portatore sono adeguate all’importo di 5 mila euro (oggi 3.000).
Osservazioni conclusive sulla sentenza della Suprema Corte di Cassazione.
Il fenomeno del riciclaggio, inteso primariamente come trasferimento o sostituzione dei profitti illeciti provenienti da reato, in specie sotto forma di denaro, dal “centro” di formazione verso altri luoghi ovvero mediante forme differenti di riproduzione, si pone quale metodologia sempre più attuale e pericolosa di inquinamento dell’economia legale da parte delle organizzazioni criminali prevalenti.
Con la legge 197/1991, di conversone del Dl 143/1991, il legislatore ha ritenuto opportuno affiancare all’azione repressiva data dallo strumento penale – con la previsione per questo particolare illecito delle due ipotesi delittuose di cui agli articoli 648-bis (riciclaggio) e 648-ter (impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita) del codice penale – una strategia di tipo preventivo.
La legge n. 197 si basa su due pilastri fondamentali:
In particolare, per quanto riguarda la “canalizzazione” dei flussi finanziari, è previsto che tutti i trasferimenti di denaro contante e di titoli al portatore di importo superiore a 12.500(oggi 3.000) euro possono avvenire esclusivamente attraverso gli intermediari abilitati, prevedendo un generale divieto di trasferimento di contante e di titoli al portatore quando il relativo valore supera tale importo.
Il riferimento della norma al valore complessivo da trasferire chiarisce che, in coerenza con la finalità dichiarata di prevenire l’utilizzazione del sistema finanziario a scopo di riciclaggio cui tende la limitazione dell’uso del contante e dei titoli al portatore, con la nozione di trasferimento si intende non solo l’effettuazione di un determinato atto, ma l’insieme di tutti gli atti che siano tra loro funzionalmente ed economicamente collegati per realizzare un’unica operazione di movimentazione di valuta. Ne consegue che non possono ritenersi di per sé legittime le operazioni di trasferimento di una pluralità di somme per essere l’importo di ciascuna di esse inferiore al limite previsto, potendo la conformità di esse alla disciplina antiriciclaggio essere riconosciuta soltanto quando sia da escludere che i diversi trasferimenti rappresentino delle operazioni frazionate riconducibili a un unico importo superiore a 20 milioni di lire (ora 3.000 euro) trasferito o da trasferire al di fuori dei canali istituzionalizzati (in tal senso, Cassazione 8698/2007).
Le banche e gli altri intermediari finanziari abilitati devono identificare coloro che effettuano trasferimenti o movimentazione di mezzi di pagamento di qualsiasi tipo e conservare per 10 anni le informazioni attinenti alle operazioni vietate, inserendole entro 30 giorni in un archivio unico formato e gestito con mezzi informatici.
Per quanto attiene alla collaborazione richiesta ai soggetti obbligati, definita “attiva” poiché implica una valutazione di tipo discrezionale da parte degli stessi, questa consiste nella segnalazione, all’Ufficio italiano dei cambi, delle “operazioni sospette” (articolo 3 del Dl 143/1991) oltre che dei dati aggregati della propria operatività per consentire allo stesso ufficio di effettuare analisi statistiche “allo scopo di far emergere eventuali fenomeni di riciclaggio nell’ambito di determinate zone”.